Storia di Mary: 7a Parte

Un giorno con Angelina Juang e le donne della cooperativa della raccolta delle bottiglie di plastica – e il seguito della storia, cinque anni dopo.

Dopo la nuova esplosione del conflitto nel dicembre 2013, perdemmo le tracce di Angelina Juang e delle sue colleghe che raccoglievano le bottiglie di plastica gettate per le strade di Juba. La ONG Juba Recycles, che comprava le bottiglie di plastica da loro, chiuse le attività nelle settimane che seguirono la ripresa dei combattimenti. Dopo mesi di guerra civile in Sud Sudan, nel 2014, apprendemmo che le anche le donne che raccoglievano le bottiglie di plastica avevano interrotto il loro lavoro. Ma questo era tutto quello che sapevamo, finché recentemente non si è riaperta la possibilità di provare a capire che cosa fosse successo ad Angelina nei precedenti cinque anni. Era ancora a Juba?

 

Angelina era arrivata nella capitale dalla città orientale di Pibor, dopo il verificarsi di scontri locali in quella regione nel 2011. Era sfollata e non aveva scelta che raggiungere la sua figlia più grande a Juba. Per contribuire alle spese di casa, aveva bisogno di trovare qualcosa da fare. Ecco come si unì ad altre donne in un’attività particolare: ispezionare ogni angolo di strada, ogni pila di rifiuti, per scovare bottiglie di plastica, raccoglierle e venderle a Juba Recycles, a un basso prezzo – la raccolta di centinaia di bottiglie portava al guadagno di un solo dollaro. Ma era l’unico lavoro che potesse trovare, per guadagnare qualcosa.

 

Moses Obale, che lavorava alla Juba Recycles nel 2013, era disposto a provare a organizzare una visita a casa della figlia di Angelina, cinque anni dopo che l’avevamo filmata là. Lui stesso non ricordava esattamente l’esatta posizione della casa nel distretto di Munuki. Bussò a diverse porte prima di arrivare nel posto giusto e informare Angelina, sua figlia – o chiunque abitasse ancora là – che volevamo incontrarla. In casa c’era un uomo sconosciuto. Disse a Moses che Angelina era morta. Fu solo qualche giorno più tardi che Moses scoprì che si era trattato di un malinteso. Era ancora viva. Ma non si trovava più a Juba.

 

La figlia di Angelina, Andera Joseph, a casa con i suoi figli e Moses Obale nel settembre 2018.

 

E una domenica sera, tornammo indietro insieme. Bussammo alla porta, immutata dal 2013 – una lamiera rossa di ferro tra due canne di bamboo. La figlia di Angelina, Andera Joseph, ci lasciò entrare. Sedemmo con lei e i suoi cinque figli sotto piccoli alberi di mango e scoprimmo che Angelina era tornata a Pibor nel dicembre 2015. “Sta bene”, ci disse Andera, e ci spiegò che l’intera famiglia decise che fosse meglio per lei tornare a Pibor, il suo villaggio di nascita. Dopo l’interruzione del lavoro della raccolta di plastica, senza nessuna fonte di reddito, era diventata un peso per la famiglia, già provata dalla necessità di far quadrare i conti e pagare le rette scolastiche dei figli. “Sopravvivere a Juba è davvero difficile”, disse uno dei nipoti di Angelina, forse dodicenne, con i fratelli e le sorelle minori stretti intorno a lui, che ascoltavano tranquillamente la conversazione. Chiesi se stava lavorando, ora che era tornata a Pibor. Andera mi guardò con un sorriso: “C’è lavoro da qualche parte?”, disse ironicamente, come se fosse ovvio che non c’era nessun lavoro ad aspettare Angelina, una volta rientrata a Pibor. “Sta semplicemente in casa, a casa dei parenti”, aggiunse Andera.

 

Parlammo della loro vita a Khartoum – dove Andera era nata negli anni Ottanta – fino alla morte del marito di Angelina, soldato dell’esercito sudanese. Dopo qualche tempo tornarono in Sud Sudan, nel 2002. La vita a Pibor era dura rispetto a com’era a Khartoum. Andera si trasferì a Juba dopo il matrimonio e Angelina la raggiunse solamente anni dopo, per sfuggire al conflitto locale, nel 2001. Nel 2015 è ancora una volta la guerra – l’attuale guerra civile in Sud Sudan – a spingerla a tornare a Pibor.

 

Mentre stavamo per lasciare la casa, Andera disse che Angelina aveva chiesto di noi – noi che eravamo venuti a fare un film su di lei cinque anni prima e poi non eravamo rimasti in contatto. “Sono tornate quelle persone?”, aveva chiesto alla figlia. Era una visita attesa da tempo.

 

Testo e foto:

Florence Miettaux, settembre 2018

Traduzione italiana:

Claudia Galal

 

Guarda Storia di Mary: 8a Parte qui.

 

Storia di Mary: 7a parte
Durata: 5min
Anno: 2013 (riprese), 2016 (pubblicazione)
Produzione: Juba In The Making
Da un’idea di Gabriela Jacomella e Florence Miettaux
Ricerche: Gabriela Jacomella e Florence Miettaux
Riprese, montaggio e regia: Florence Miettaux
Con la partecipazione di:
Makur Jacob Akuei, Baha Eldeen Hassan
Voce di Mary: Alice Oleya Jino
Musiche: Caesar Mayen
Tecnico del suono: Kenyi Evans Wani

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