UN’UNIVERSITÀ NEL SUD

La creazione dell'Università di Juba nel contesto delle guerre civili sudanesi.

Si possono tracciare dei parallelismi tra la storia dell’istruzione (superiore) e la storia di subordinazione, colonialismo e conflitto in quello che è oggi conosciuto come Sud Sudan. I diversi regimi che si sono succeduti, sia stranieri sia interni, hanno volutamente impedito lo sviluppo del sistema educativo in Sud Sudan e la minima istruzione impartita dai missionari cristiani servì spesso le intenzioni propagandistiche dell’amministrazione coloniale anglo-egiziana e i regimi sudanesi. Venansio Muludian, professore di Demografia e uno dei pionieri fra i docenti dell’Università di Juba, il quale passò la maggior parte della propria carriera accademica a insegnare e amministrare lo stesso ateneo, condensa la complessa storia dell’Università di Juba in poche parole: “L’Università di Juba fu istituita, funzionò per qualche tempo, fu spostata, arrivò a Khartoum, continuò a essere attiva là, tornò al Sud e ora continua il suo lavoro”.

 

Una statua collocata vicino a una delle entrate dell’Università rappresenta uno studente laureato, che solleva con orgoglio il simbolo dell’Università di Juba recante il suo motto: “Importanza ed eccellenza”.

 

La fondazione dell’Università di Juba fu stabilita nel corso di una Tavola rotonda a Khartoum nel marzo 1965, quando i delegati meridionali alla stessa conferenza chiesero che anche al Sud fosse istituita una università. Sarebbe passato un altro decennio prima che Jaafar Nimeiri, l’allora presidente del Sudan, decretasse la fondazione dell’Università di Juba nel 1975 con l’intenzione di affrontare il tema dell’ingiustizia nelle istituzioni del sistema dell’istruzione superiore. L’Università di Juba fu inaugurata il 6 ottobre 1977 e il Professor Muludian, che era presente alla cerimonia inaugurale da ricercatore appena nominato, ricorda un Neimiri festoso e danzante, inondato di elogi per aver soddisfatto una richiesta popolare a lunga ignorata. Una canzone popolare negli anni Settanta, composta da un gruppo folk di Yei recita in arabo di Juba: “Nimeiri, ci hai fatto un favore aprendo un’università nel Sud”.

 

Al principio l’Università di Juba era percepita come un’università regionale, ma secondo il Professor Muludian “era nazionale per vocazione. (…) Questa università ha formato sudanesi del Sud e del Nord, sudanesi di diversi colori si sono laureati in questa università.” Tuttavia, dall’indipendenza del Sud Sudan dal Sudan, la maggior parte degli studenti sudanesi e degli impiegati fece ritorno o restò al Nord e attualmente il corpo studentesco e gli assistenti e i docenti provengono prevalentemente dal Sud Sudan.

 

Il campus dell’Università di Juba nel 2015

 

Gli edifici che hanno ospitato l’Università di Juba per gli ultimi cinquant’anni furono costruiti negli anni Cinquanta durante la dittatura militare del generale Ibrahim Abboud. Le infrastrutture (aule, edifici amministrativi e uffici) erano destinate a ospitare la prima scuola secondaria femminile della regione meridionale, ma durante il periodo della sua edificazione la prima guerra Anyanya si intensificò e la scuola fu occupata da un’unità dell’esercito sudanese, che la trasformò in caserma. Una storia che si sarebbe ripetuta decenni dopo, quando i mujahedeen – forze volontarie e irregolari che erano strettamente connesse con le Forze Armate del Sudan (Sudan Armed Forces, SAF), con le quali collaboravano – si spostarono all’Università di Juba subito dopo la sua dislocazione amministrativa a Khartoum nel 1989.

 

L’anno 1989 vide intensificarsi la seconda guerra a Juba, poiché l’SPLA intraprese diversi tentativi di riprendere la città alle SAF. L’amministrazione dell’università, che allora era nelle mani del Vice-Cancelliere del Sudan del Nord, decise che per i continui bombardamenti della città sarebbe stato troppo rischioso continuare le attività a Juba e l’università fu spostata a Khartoum. Nessuno sarebbe stato capace di prevedere la durata prolungata della seconda guerra, ma il Professor Muludian sottolinea con enfasi che “le persone guardavano con sospetto al fatto che l’unica istituzione accademica che avevamo, fosse collocata al Nord. Non amavano l’idea. (…) Il modo in cui i mujahedeen ci si trasferirono ci faceva sospettare che ci fosse qualcosa di strano nel nostro trasferimento a Khartoum. Dissero che la situazione era poco sicura per gli studenti e i funzionari, ma appena andammo a Khartoum, i mujahedeen subentrarono. (…) Noi [il personale accademico] eravamo tutti riluttanti, ma ci fu chiesto di andarcene. Dovevamo andare via.”

 

 

Campus e studenti dell’Università di Juba nel 2018

 

Nel primo decennio di attività, l’Università di Juba era composta da cinque facoltà e durante il periodo di esilio a Khartoum ne furono aggiunte altre sei. Nel periodo tra il 1989 e il 2005 anche il corpo studentesco aumentò in modo esponenziale. Secondo il Professor Muludian questo era il risultato di una rivoluzione nazionale nell’istruzione superiore, che incrementò il numero di studenti in tutte le università pubbliche e favorì l’ammissione di studenti da stati meno sviluppati. Dal 2006 l’Università di Juba fu gradualmente riportata a Juba e nel dicembre 2010 gli ultimi dipartimenti (Legge, Studi Sociali ed Economici e le specializzazioni di Medicina) furono spostate da Khartoum a Juba. I primi studenti che tornarono al Sud parlano di residui fisici e spirituali di guerra, quando per la prima volta rientrarono negli edifici che avevano precedentemente ospitato i mujahedeen. Trovarono i dormitori in condizioni deplorevoli e le pareti completamente ricoperte dell’universale simbologia della detenzione: piccole stanghette che segnano lo scorrere dei giorni di prigionia o leva militare. Circolano storie sugli spiriti malvagi dei soldati morti e dei prigionieri impossessati dei corpi delle giovani studentesse. La precedente presenza dei soldati alleati delle SAF lascia una traccia silenziosa del conflitto che ha influenzato la vita di tutti gli studenti e che ha spinto molti a cercare rifugio nel Nord del Sudan e nei paesi limitrofi.

 

Loes Lijnders

Traduzione dall’inglese di Claudia Galal

Immagini di Florence Miettaux, Rami Arshesh, Silvano Yokwe

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